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LA BOCCA DI DIO parte seconda


di Membro VIP di Annunci69.it maxxx13
02.11.2022    |    1.344    |    1 9.4
"” “La mia b-bocca?” “La bocca è il primo strumento di un servo di Dio..."
I giorni seguenti trascorsero come quelli precedenti. Il maestro pregava e meditava e io lavoravo. Padre Romolo non sembrava più turbato, mentre io mi sentivo ancora scosso.
Non aveva importanza quante volte mi fossi lavato la bocca: quel gusto sconosciuto che avevo provato non ne voleva sapere di sparire. Era il sapore indelebile del peccato? Iniziai a chiedermi se fosse stato davvero il Signore a guidarmi oppure il demonio.

Le risposte ai miei timori sarebbero arrivate presto.

Una sera, quando tornai con l’acqua del ruscello, non trovai padre Romolo inginocchiato a pregare, bensì seduto sul letto con le gambe divaricate.

Era nudo con solo le mutande addosso come quell’altra notte. E la sua asta sbucava eretta dalla stoffa.

“Il demonio mi perseguita con le sue tentazioni,” mormorò.
Il maestro non disse più nulla. Che cosa doveva fare? La sua posizione non lasciava dubbi.

Una parte di me aveva sperato che padre Romolo non si fosse reso conto di quello che era accaduto l’altra volta. Ma adesso era chiaro che non era solo Dio ad essere consapevole di quello che avevo fatto.

“Vi chiedo perdono, maestro,” dissi, buttandomi ai suoi piedi. “È stato il Signore a guidare la mia mano. Ero convinto che vi avrei liberato dal demonio.”
“Una giusta espiazione per le tue colpe di avermi condotto di fronte a quelle ragazze inviate dal diavolo.”
“Mi dispiace davvero per quello che ho fatto,” dissi, mentre padre Romolo si accarezzò la virilità. “Vi prego, non vi toccate. Non sporcate le vostre mani con atti indicibili. Lasciate che se ne occupi il vostro umile servo,” dissi in preda alla vergogna al pensiero che in tutti questi giorni il maestro aveva sempre saputo quello che avevo fatto.

Muovendomi sulle ginocchia, mi portai fra le sue cosce. Allungai la mano e liberai la sua virilità dalla stoffa.
Lì, eretto fra le sue gambe, mentre padre Romolo era seduto, sembrava persino più impressionante dell’altra volta.

“Vi supplico di perdonarmi, maestro, per quello che sto per farvi.”

La mia mano strinse per la seconda volta la sua mascolinità. Dura e viva come l’altra notte, sembrava irradiare una forza che mi schiacciava.

Presi a far scivolare le mie dita lungo l’asta senza osare alzare gli occhi. Sentivo, però, il suo sguardo di disprezzo su di me.

“Lo sto facendo nel modo giusto, maestro?” mi trovai a chiedere, temendo di averlo fatto arrabbiare.
“Usa la tua bocca.”
“La mia b-bocca?”
“La bocca è il primo strumento di un servo di Dio.”
“Ma come devo fare, maestro?”
“Avvicinati,” mi ordinò. “Non a me. All’arnese del peccato.”

Mi stavo per alzare, ma subito tornai in ginocchio e avvicinai il volto alla mascolinità del maestro.

“Apri le labbra e accogli quello strumento di lussuria come l’altra volta.”

“Maestro, non so… se…”

“Non dubitare di Dio.”

Aprii la bocca e lasciai che la sua asta superasse le mie labbra, cercando quasi di non toccarla. Alla fine la mia lingua ne accarezzò la pelle.

Quello che nella mia mano era apparso duro, adesso era liscio e soffice nella mia bocca.

“Tu parli troppo. Usa la bocca di peccatore per dare sollievo a un vero uomo di fede,” disse padre Romolo. “Lascia che scivoli fra le tue labbra come fra le tue dita.”

Presi a muovere la testa avanti e indietro. Ogni volta un senso di nausea mi solleticava la gola.

Il maestro mugugnò. “Quando quella notte hai compiuto l’abominio, hai segnato il tuo destino all’inferno. Ma adesso hai l’opportunità unica di servire un sant’uomo come nessun altro.”

A quelle parole fu percorso da un’ondata di paura e presi a muovere la testa con frenesia.

“Forse Dio saprà ricompensare il tuo sacrificio,” commentò padre Romolo. “Nel frattempo i tuoi sforzi saranno premiati con la certezza che tutto il tuo impegno ha dato sollievo a un uomo di fede.”

Uno schizzo caldo mi colpì il palato. Poi un altro e un altro ancora. Padre Romolo gemeva.

Rimasi ancora lì, fermo in attesa, con la sua asta che si riduceva nella mia bocca. Infine, il maestro si ritrasse e io lasciai uscire la sua mascolinità ormai alla sua misure originarie.

Mi alzai senza osar sollevare gli occhi e feci per voltarmi. Volevo liberarmi di quel liquido che mi impiastrava la bocca.

Padre Romolo mi afferrò per un braccio. “È peccato spargere il seme,” disse, tenendo stretta la mano al mio polso.

Fissai il maestro supplichevole, ma lui non si lasciò impietosire.

“Quello che conservi è il sacro seme di un uomo che si è votato al celibato. Un seme che non produce figli, ma che diverrà parte di te.”

Non potei far altro che deglutire. Il liquido colò lungo la mia gola, e all’ improvviso ,mi sentii sporco come mai prima di allora.
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